Misure Cautelari, Cass., sez. V, 23/10/2019 n. 43406, Rel. Riccardi
Corte di Cassazione, sez. V Penale, ordinanza 13 settembre – 23 ottobre 2019, n. 43406
Presidente Scarlini – Relatore Riccardi
Ritenuto in fatto
1. Con ordinanza emessa il 29/04/2019 il Tribunale della libertà di Napoli ha sostituito la misura della custodia in carcere, applicata a R.G. dal Gip del Tribunale di Torre Annunziata in relazione al delitto di partecipazione ad associazione per delinquere finalizzata al c.d. voto di scambio, con la misura degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico.
2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di R.G. , Avv. Gennaro De Falco, che ha dedotto tre motivi di ricorso.
Con un primo motivo eccepisce la nullità dell’ordinanza, lamentando che il R. , detenuto nel carcere di Napoli Secondigliano, avesse presentato, in data 23.4.2019, richiesta di partecipazione all’udienza camerale dinanzi al Tribunale del riesame, fissata per il 29.4.2019, rigettata in quanto non proposta contestualmente all’istanza di riesame; lamenta che l’art. 309 c.p.p., comma 6, prevede che l’imputato può, e non deve, chiedere di comparire personalmente con l’istanza di riesame; sicché la richiesta doveva ritenersi tempestiva, anche alla luce del recente orientamento della giurisprudenza di legittimità espresso, tra l’altro, da Sez. 6, n. 21779 del 22/03/2019.
Con un secondo motivo eccepisce l’illegittimità costituzionale di un’interpretazione di senso contrario a quella sostenuta con il primo motivo, per contrasto con gli artt. 3, 24 e 111 Cost..
Con un terzo motivo, infine, deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione, sostenendo, in un quadro di diffusi richiami della giurisprudenza di legittimità in materia, che non sia emerso il ruolo ed il contributo dell’indagato nel sodalizio, nè la sua consapevolezza della partecipazione ad un’associazione; richiama, infine, diffusi passaggi testuali di intercettazioni telefoniche di conversazioni tra R. ed un coindagato (S. ), che dimostrerebbero l’estraneità del primo all’associazione di A. e M. , essendo egli mosso da esclusivi fini personali.
Considerato in diritto
1. Il ricorso deve essere rimesso alle Sezioni Unite ai sensi dell’art. 618 c.p.p..
Appare, infatti, assorbente, ai fini della decisione concernente il primo motivo di ricorso, risolvere il contrasto interpretativo consolidatosi sulla questione delle modalità di esercizio del diritto di partecipazione all’udienza di riesame del soggetto sottoposto a restrizione della libertà, con riferimento al limite temporale della relativa richiesta, in seguito alla modifica normativa dell’art. 309 c.p.p. ad opera della L. 16 aprile 2015, n. 47, art. 11; modifica in forza della quale il comma 6 della citata disposizione codicistica recita che, con la richiesta di riesame, “l’imputato può chiedere di comparire personalmente”, mentre il comma 8-bis, affermata la legittimazione del pubblico ministero richiedente la misura a partecipare all’udienza camerale, prevede che “l’imputato che ne abbia fatto richiesta ai sensi del comma 6 ha diritto di comparire personalmente”.
2. Al riguardo, sulla premessa che la novella richiamata abbia inteso rafforzare il diritto dell’interessato a comparire al procedimento de libertate, rispetto ad un sistema che, precedentemente, lo riconosceva in favore del solo soggetto detenuto o internato nell’ambito della circoscrizione, in forza del rinvio operato dal previgente comma 8 dell’art. 309 al modulo dell’udienza camerale ex art. 127 c.p.p., si è recentemente consolidato un orientamento che ha affermato il principio secondo cui, in tema di procedimento di riesame di misure cautelari personali, il diritto della persona sottoposta a restrizione della libertà a partecipare all’udienza non è sottoposto a limitazioni o decadenze, quando la relativa richiesta sia stata tempestivamente esercitata in modo da permettere, senza interruzioni, il regolare ed ordinato svolgimento del procedimento di cui all’art. 309 c.p.p. (Sez. 2, n. 36160 del 03/04/2017, Giordano, Rv. 270683, che, in applicazione del principio, ha annullato senza rinvio l’ordinanza del tribunale del riesame che aveva rigettato la richiesta dell’indagato di partecipare all’udienza ritenendola tardiva perché non formulata con il ricorso “de libertate”, ma al momento della notificazione dell’avviso di fissazione dell’udienza).
Nel solco di tale indirizzo si è posta, con diffusi argomenti, Sez. 6, n. 24894 del 07/03/2019, La Scala, Rv. 275887, secondo cui: “In tema di riesame avverso provvedimenti impositivi di misure cautelari personali, il diritto della persona sottoposta a restrizione della libertà di partecipare all’udienza non è sottoposto a limitazioni o decadenze, purché la relativa richiesta, qualora avanzata in epoca successiva all’atto introduttivo dell’incidente cautelare, pervenga in tempo utile per organizzare la tempestiva traduzione, dovendo altrimenti essere disattesa con adeguata motivazione (Fattispecie in cui la Corte ha annullato con rinvio l’ordinanza del tribunale del riesame che aveva rigettato la richiesta dell’indagato di partecipare all’udienza ritenendola tardiva, perché formulata contestualmente alla richiesta di differimento dell’udienza ex art. 309 c.p.p., comma 9-bis)”; in senso analogo, Sez. 6, n. 21779 del 22/03/2019, Spina, Rv. 275674.
In particolare, Sez. 6, n. 24894 del 07/03/2019, La Scala, Rv. 275887, nel ricostruire l’obbligo del Tribunale del riesame di assicurare l’effettiva presenza del richiedente (sempre che non ricorrano i presupposti tassativamente previsti per l’esame a distanza dall’art. 45-bis disp. att. c.p.p.), argomenta nel senso che il richiamo operato dal comma 8-bis alla richiesta formulata ai sensi del comma 6, laddove sembra ancorare la proposizione della richiesta di comparire al momento della presentazione dell’istanza di riesame, non sia vincolante, avuto riguardo, da un lato, all’uso della formula verbale “può”, in luogo di “deve”, che avrebbe avuto più chiara funzione predicativa della obbligatorietà della richiesta contestuale; dall’altro, alla mancanza di statuizioni certe su tempi e forme della richiesta di presenziare.
In altri termini, secondo tale opzione interpretativa, il legislatore non avrebbe inteso individuare un limite temporale tassativo, bensì solo concedere all’indagato in vinculis la possibilità di manifestare la volontà di presenziare all’udienza già nell’atto introduttivo dell’incidente cautelare, ma non necessariamente in concomitanza con esso.
La decisione osserva ulteriormente come il diritto di partecipazione personale all’udienza camerale in cui si discute della fondatezza delle ragioni giustificative dello status detentionis, costituendo per il soggetto in vinculis espressione qualificata del diritto di difesa, non possa essere recessivo di fronte ad esigenze organizzative dell’ufficio che deve assicurare il servizio di traduzione, pur se il fine sia quello di evitare disparità di trattamento correlate alle disomogeneità delle singole realtà territoriali, giudiziarie e penitenziarie.
Tale interpretazione rinviene una autorevole avallo nella sentenza della Corte costituzionale n. 45 del 17 gennaio 1991, che, con riferimento al procedimento di riesame, ebbe a riconoscere l’assoluto rilievo del contraddittorio e del diritto alla presenza personale dell’interessato in udienza, quale presupposto dell’oralità, che a sua volta è cardine del sistema processuale accusatorio.
Lettura, questa, supportata sia dall’art. 6, comma 3, lett. e), d), e), della Convenzione EDU, sia dall’art. 14, comma 3, lett. d), e), f), del Patto internazionale sui diritti civili e politici, adottato a New York il 16 dicembre 1966 e reso esecutivo in Italia con L. 25 ottobre 1977, n. 881; atti di rilevanza internazionale che, nel sancire il diritto di ogni accusato di difendersi personalmente, di esaminare o far esaminare i testimoni e di farsi assistere gratuitamente da un interprete, implicano la presenza dell’imputato nel giudizio (anche) camerale.
Dunque, nel bilanciamento tra l’intento del legislatore di definire un momento preciso per la formulazione della richiesta di comparire e la valenza difensiva del diritto di partecipare all’udienza, il più recente orientamento ritiene che quest’ultimo non possa essere compresso, cristallizzandone l’esercizio in un momento – la presentazione dell’atto di riesame – che potrebbe essere ancora connotato da fluidità delle strategie difensive.
Di qui la tesi che la richiesta di partecipazione possa essere formulata anche a seguito della notificazione dell’avviso di fissazione dell’udienza camerale, purché sia tempestiva, ossia pervenga in tempo utile per consentire all’ufficio – nell’interesse della stessa persona in vinculis – di approntare la traduzione senza pregiudizio per il regolare e celere svolgimento dell’iter procedimentale disegnato dall’art. 309 c.p.p.; sicché l’indebita violazione del diritto alla presenza – perché la traduzione non sia disposta o eseguita – determinerebbe una nullità assoluta e insanabile, ai sensi dell’art. 179 c.p.p., sia dell’udienza camerale che della successiva pronuncia del tribunale del riesame.
3. Un diverso e più risalente orientamento afferma, al contrario, che la partecipazione personale del soggetto gravato da misura privativa o limitativa della libertà è subordinata a specifica richiesta, da formulare esclusivamente con l’istanza di riesame (eventualmente anche dal difensore, se il gravame sia dallo stesso presentato).
In tal senso, ha inaugurato tale opzione ermeneutica Sez. 1, n. 49882 del 06/10/2015, Pernagallo, Rv. 265546, che ha affermato il seguente principio di diritto: “Nel procedimento di riesame avverso provvedimenti impositivi di misure cautelari personali, per effetto della modifica dei commi 6 e 8-bis dell’art. 309 c.p.p., operata dalla L. 16 aprile 2015, n. 47, il soggetto sottoposto a misura privativa o limitativa della libertà personale può esercitare il diritto di comparire personalmente all’udienza camerale solo se ne ha fatto richiesta, anche per il tramite del difensore, nell’istanza di riesame, mentre non sono più applicabili le disposizioni di cui all’art. 127 c.p.p., comma 3, e art. 101 disp. att. c.p.p., che prevedono il diritto dell’interessato detenuto o internato fuori dal circondario ad essere sentito dal magistrato di sorveglianza”.
Secondo tale ricostruzione, il novum normativo si innesta in un sistema previgente che delineava un modello generale a partecipazione non necessaria, e perciò meno garantito, ed ha inteso ribadire il diritto del ricorrente di comparire all’udienza camerale fissata per la trattazione, ancorché detenuto o internato fuori distretto, ancorando però il suo esercizio ad un dato obiettivo ed incontrovertibile; si afferma, infatti, che tale lettura non solo risulta in armonia con il tenore letterale del comma 8-bis, altrimenti svilito a norma inutiliter data, ma è anche la più consona ad un procedimento scandito da ritmi snelli e serrati come quello di riesame, in quanto, oltre a sottrarre alla discrezionalità del giudice l’apprezzamento della “tempestività” della richiesta di comparizione e a dirimere incertezze applicative, scoraggia atteggiamenti dilatori od ostruzionistici da parte del ristretto. Nè, in senso contrario, sarebbe ipotizzabile una significativa lesione dei diritti di difesa, avuto riguardo alla breve distanza temporale che separa l’udienza di riesame dall’interrogatorio di garanzia ex art. 294 c.p.p., atto la cui accentuata fisionomia difensiva fa sì che la presenza dell’indiziato, pochi giorni dopo, all’incidente cautelare assuma una più modesta pregnanza.
Nel medesimo solco si collocano, ancora, Sez. 4, n. 12998 del 23/02/2016, Griner, Rv. 266296, e Sez. 2, n. 13707 del 11/03/2016, Ciarfaglia, Rv. 266519 (secondo cui “Nel procedimento di riesame avverso provvedimenti impositivi di misure cautelari personali, per effetto della modifica dell’art. 309 c.p.p., commi 6 e 8-bis, operata dalla L. 16 aprile 2015, n. 47, il soggetto sottoposto a misura privativa o limitativa della libertà personale può esercitare il diritto di comparire personalmente all’udienza camerale solo se ne ha fatto richiesta, anche per il tramite del difensore, nell’istanza di riesame, mentre non sono più applicabili le disposizioni di cui all’art. 127 c.p.p., comma 3, e art. 101 disp. att. c.p.p., che prevedono il diritto dell’interessato detenuto o internato fuori dal circondario ad essere sentito dal magistrato di sorveglianza”), per le quali, indubbia la valenza garantistica della L. n. 47 del 2015, laddove ha attribuito ad ogni indagato in vinculis pieno ed identico diritto di partecipare all’udienza di riesame, senza distinzioni correlate al luogo di detenzione, nondimeno tale diritto va esercitato nei tempi definiti, con richiesta non successiva all’atto di riesame.
Tali coordinate emeneutiche hanno trovato ulteriore sviluppo in Sez. 2, n. 12854 del 15/01/2018, Mirenda, Rv. 272467, che, pur condividendo con il contrapposto orientamento la premessa che il diritto-dovere del giudice di sentire personalmente l’imputato e il diritto di questi di essere ascoltato da chi dovrà decidere del suo stato detentivo costituiscono declinazione del contraddittorio nella declinazione dell’oralità, che ha la sua matrice sia nell’art. 111 Cost., che nell’art. 6 della Convenzione EDU, ribadisce che, solo se attivato attraverso una legittima e tempestiva istanza, tale diritto possa trasformare il ristretto in un soggetto a “partecipazione necessaria”, la cui mancata traduzione determina la nullità del procedimento de libertate (pur lasciando impregiudicati gli effetti dell’ordinanza genetica).
In tal senso, è stato dunque ribadito che “nel procedimento di riesame avverso provvedimenti impositivi di misure caute/ari personali, il soggetto sottoposto a misura privativa o limitativa della libertà personale, che intenda esercitare il diritto di comparire personalmente all’udienza camerale ai sensi dell’art. 309 c.p.p., comma 8-bis, deve formularne istanza, personalmente o a mezzo del difensore, nella richiesta di riesame” (Sez. 2, n. 12854 del 15/01/2018, Mirenda, Rv. 272467).
Nell’individuare le legittime modalità di presentazione della richiesta di partecipazione, la decisione valorizza anch’essa la lettera dell’art. 309 sul rilievo che, se l’espressione della volontà partecipativa non soggiacesse a limiti, l’effettiva tutela di un diritto fondamentale dipenderebbe dalla capacità organizzativa dell’ufficio giudiziario, ovvero da competenze amministrative ed aspetti logistici inevitabilmente disomogenei da un punto di vista territoriale e geografico.
Al contrario, l’avere definito un termine, collegato alla presentazione dell’istanza di riesame, realizza – secondo la decisione richiamata – un equilibrato bilanciamento tra la tutela del diritto di partecipazione e l’istanza acceleratoria che connota il procedimento di riesame del titolo cautelare, nel rispetto del principio di eguaglianza, anch’esso costituzionalmente e convenzionalmente presidiato.
4. La questione dei tempi e delle modalità della richiesta di partecipazione all’udienza camerale dinanzi al Tribunale del riesame è dunque rilevante ai fini della decisione del ricorso, e, registrandosi sul punto un contrasto di giurisprudenza, va rimessa alle Sezioni Unite ai sensi dell’art. 618 c.p., formulando il seguente quesito interpretativo:
“se, nel procedimento di riesame avverso provvedimenti impositivi di misure cautelari personali, il soggetto sottoposto a misura privativa o limitativa della libertà personale, che intenda esercitare il diritto di comparire personalmente all’udienza camerale ai sensi dell’art. 309 c.p.p., comma 8-bis, deve formularne istanza, personalmente o a mezzo del difensore, nella richiesta di riesame, oppure possa presentare la richiesta anche non contestualmente alla proposizione dell’impugnazione cautelare, ma comunque in tempo utile per consentire di organizzare la tempestiva traduzione, ai fini del regolare svolgimento del procedimento di cui all’art. 309 c.p.p.”.
P.Q.M.
Rimette il ricorso alle Sezioni Unite.