Guida in stato di ebrezza. Cass., sez. IV, 17/10/2019 – 30/10/2019 n. 44171
Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 17 – 30 ottobre 2019, n. 44171
Presidente Piccialli – Relatore Cenci
Ritenuto in fatto e considerato in diritto
1. La Corte di appello di L’Aquila il 4 aprile 2019, in parziale riforma della sentenza, appellata dall’imputato, con cui il Tribunale di Sulmona il 5 marzo 2018 ha ritenuto C.G. responsabile del reato di guida in stato di ebbrezza alcoolica (D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 186, comma 2, lett. b: tasso alcoolemico di 1,49 grammi/litro alla prima prova e di 1,26 g./L. alla seconda), fatto commesso il (omissis) , in ora notturna, provocando un incidente stradale, in conseguenza, con le attenuanti generiche equivalenti all’aggravante della causazione di incidente, condannato alla pena di giustizia, con i doppi benefici, ebbene, riconosciuta anche l’attenuante della condotta riparatoria di cui all’art. 62 c.p., n. 6, e, stimate le riconosciute attenuanti complessivamente prevalenti sull’aggravante di cui al D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 186, comma 2-bis, ha rideterminato riducendole, sia la pena che la durata della sanzione amministrativa della sospensione della patente di guida.
2. Ricorre per la cassazione della sentenza l’imputato, tramite difensore di fiducia, affidandosi a tre motivi, con i quali denunzia violazione di legge (tutti e tre) e anche difetto di motivazione (il secondo motivo).
2.1. Con il primo motivo censura la violazione dell’art. 357 c.p.p., comma 2, lett. e) ed f), in relazione all’art. 2700 c.c., art. 356 c.p.p. e art. 114 disp. att. c.p.p., in quanto, ad avviso del ricorrente, non risultando dal verbale dei Carabinieri del (omissis) essere stato avvisato il difensore di fiducia nominato da C.G. dell’accertamento da svolgersi tramite etilometro, la non coincidente dichiarazione resa in udienza dal Maresciallo dei C.C. M.A. (peraltro – si sottolinea – oggetto di contestazione in udienza, sicché il dato non potrebbe ritenersi pacifico), dichiarazione secondo la quale, in realtà, l’avvocato era stato contattato telefonicamente, non potrebbe avere valore, in quanto in contrasto con il tenore testuale del richiamato verbale, nel quale non è contenuta la compiuta descrizione della effettuazione di tale avviso, ad esempio del numero di telefono sul quale è stata reperito il difensore o altri elementi. La lacuna contenuta nel verbale, ad avviso del ricorrente, forse – si ipotizza – “determinat(a) dall’utilizzo di un modulo prestampato che non prevede tale eventualità, ma era onere della p.g. provvedere all’integrazione (…, comunque) in nessun modo può essere integrata dalla successiva deposizione testimoniale, proprio per la intangibilità del verbale e la sua natura di atto pubblico” (così alle pp. 7-8 del ricorso).
Si sottolinea avere svolto tale eccezione, disattesa, sia nelle questioni preliminari del dibattimento di primo grado sia in sede di conclusioni sia nell’atto di appello e che la tempestività è stata riconosciuta dalla stessa Corte di merito.
La nullità dell’accertamento determinerebbe, dunque, la impossibilità di porre l’esito dello stesso a fondamento di una sentenza di condanna.
2.2. Mediante il secondo motivo denunzia promiscuamente violazione dell’art. 131-bis c.p. e difetto di motivazione in relazione alla esclusione della invocata causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.
La Corte di appello, a fronte di specifica richiesta avanzata con il terzo motivo di appello (pp. 8-11 ove si sottolinea che l’imputato non avrebbe bevuto “tanto” ma avrebbe bevuto solo poco prima di essere fermato, si sostiene la occasionalità e la non abitualità, che sarebbero dimostrate dall’incensuratezza e dall’avvenuto risarcimento del danno da parte di C.G. , evidenziando che stava rientrando a casa dal lavoro), avrebbe omesso il doveroso giudizio complessivo su tutte le circostanza concrete del caso, limitandosi – ma, si stima, illegittimamente ed erroneamente – a valorizzare solo il tasso alcoolemico riscontrato, in contrasto con i principi puntualizzati dalla S.C. a Sezioni sia Unite che semplici (richiamate al riguardo Sez. U, n. 13681 del 06/04/2016, ric. Tushaj, e la recente decisione di Sez. IV, n. 58261 del 20 novembre 2018).
2.3. Infine, con l’ultimo motivo si duole della ritenuta violazione del D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 186, comma 2-septies: “La previsione in parola prevede che le circostanze attenuanti concorrenti con l’aggravante di cui al comma 2-sexies non possono essere ritenute prevalenti o equivalenti rispetto a questa e che le diminuzioni di pena si operano sulla quantità della stessa risultante dall’aumento conseguente alla predetta aggravante. La Corte, tuttavia ha seguito un percorso inverso, applicando prima le diminuzioni per le circostanze attenuanti e poi l’aumento per l’aggravante. L’applicazione del corretto metodo di calcolo porterebbe a una sensibile diminuzione della pena dell’ammenda (pena base: Euro 900, aumentata di un terzo sino a Euro 1.200, diminuita di un terzo fino a Euro 800 e ancora di un terzo fino a Euro 534, anziché Euro 600.) L’errore può essere emendato anche ai sensi dell’art. 620 c.p.p., lett. l)” (così a p. 14 del ricorso).
Il ricorrente chiede, in definitiva, l’annullamento della sentenza con rinvio ovvero eventualmente senza rinvio, ove la Corte di legittimità riconosca sussistenti elementi tali da poter affermare la sussistenza della causa di non punibilità ex art. 131-bis c.p..
3. Va premesso che il reato, risalente al (omissis), non è prescritto.
4. Ciò posto, quanto al primo motivo di ricorso, risulta corretta ed adeguata la risposta fornita dalla Corte di appello alla p. 3 della sentenza impugnata, ove si dà atto dal verbale redatto dalla polizia giudiziaria risulta che l’avviso rituale all’automobilista è stato dato e che dalla testimonianza del M.llo dei C.C. emerge che il difensore è stato regolarmente contattato ma che non è intervenuto.
Non può sostenersi che vi sia una contrarietà del contenuto della testimonianza rispetto a quanto l’atto redatto dal pubblico ufficiale, in realtà, non dice, in quanto il verbale, appunto, per stessa ammissione del ricorrente, nulla afferma circa l’effettuazione dell’avviso telefonico al difensore.
Il primo motivo di ricorso, perciò, deve essere rigettato.
5. Quanto al secondo motivo di impugnazione, la Corte territoriale ha basato il diniego dell’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, che era stata invocata con il terzo motivo di appello mediante richiamo di circostanza di fatto stimate significative (alle pp. 8-10 dell’impugnazione di merito si assume che la ritenuta occasionalità e non abitualità sarebbero dimostrate dall’incensuratezza, dall’avvenuto risarcimento del danno da parte di C. e dalla non significatività dell’ora notturna, in quanto il soggetto stava rientrando a casa dal lavoro), solo sull’essere il tasso alcoolemico “molto al di sopra della soglia di rilevanza penale”, cioè 1,49/1,26 grammi-litro rispetto alla soglia di 0,8 g./L. (p. 3 della sentenza impugnata, sestultima-quartultima riga).
L’affermazione non risulta corretta.
Infatti, le Sezioni Unite della S.C. con la sentenza n. 13681 del 06/04/2016, Tushaj, Rv. 266589-01, hanno precisato la non incompatibilità con il giudizio di particolare tenuità della presenza di soglie di punibilità all’interno della fattispecie tipica: “La causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131-bis c.p., in quanto configurabile – in presenza dei presupposti e nel rispetto dei limiti fissati dalla norma – ad ogni fattispecie criminosa, è configurabile anche in relazione al reato di guida in stato di ebbrezza, non essendo, in astratto, incompatibile, con il giudizio di particolare tenuità, la presenza di soglie di punibilità all’interno della fattispecie tipica, rapportate ai valori di tassi alcolemici accertati, anche nel caso in cui, al di sotto della soglia di rilevanza penale, vi è una fattispecie che integra un illecito amministrativo”).
Particolarmente persuasivo il ragionamento svolto al riguardo dal qualificato Consesso (nel “considerato in diritto”, sub n. 10), che propone anche un esempio assai illuminante, che sembra essere sfuggito alla Corte di appello di L’Aquila e che, per chiarezza, appare opportuno qui riproporre:
“(…) è possibile rispondere agli interrogativi che riguardano la fattispecie in esame. Essa si inscrive nella categoria degli illeciti che presentano una soglia quantitativa che segna l’ambito di rilevanza penale del fatto o che regola la gravità dell’offesa. Qui il dato oggetto di misurazione è il tasso alcoolemico.
Orbene, è chiaro che il superamento della soglia di rilevanza penale coglie il minimo disvalore della situazione dannosa o pericolosa. Il giudice che ritiene tenue una condotta collocata attorno all’entità minima del fatto conforme al tipo, contrariamente a quanto ritenuto dall’ordinanza di rimessione, non si sostituisce al legislatore, ma anzi ne recepisce fedelmente la valutazione (…).
Chiaramente, quanto più ci si allontana dal valore-soglia tanto più è verosimile che ci si trovi in presenza di un fatto non specialmente esiguo. Tuttavia, nessuna conclusione può essere tratta in astratto, senza considerare cioè le peculiarità del caso concreto. Insomma, nessuna presunzione è consentita.
Tale conclusione, desunta dai principi espressi dalla nuova normativa, è anche perfettamente aderente al senso comune ed alla pratica giudiziaria. È illuminante l’esempio, già evocato dalla sentenza Longoni, dell’agente che, in stato di grave alterazione alcoolica integrante la fattispecie di cui all’art. 186 C.d.S., comma 2, lett. c), si pone alla guida di un’auto in un parcheggio isolato, spostandola di qualche metro e senza determinare alcuna situazione pregiudizievole”.
6. Dovendosi dare continuità al richiamato principio, consegue, in accoglimento del secondo motivo di ricorso, l’annullamento della sentenza impugnata, limitatamente al diniego dell’applicazione dell’istituto di cui all’art. 131-bis c.p., con rinvio per muovo giudizio sul punto alla Corte di appello di Perugia; assorbito il terzo motivo di ricorso, che presuppone affermata la penale responsabilità e punibile la condotta dell’imputato. Motivazione semplificata.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al diniego di cui all’art. 131-bis c.p. e rinvia per nuovo giudizio sul punto alla Corte di appello di Perugia. Rigetta il ricorso nel resto.
Motivazione semplificata.